
già pubblicato su IL MATTINO, Futuro e presente. Venerdì 26 febbraio 1993
Le conoscenze accumulatesi nel corso della storia, e le stesse tecnologie figlie della scienza, mettono a disposizione degli uomini moderni strumenti di straordinaria efficacia e potenza; ma le molle prime dello scegliere e dell’agire restano le medesime fin dalla notte dei tempi, croci e delizie della vita: amore e sesso, ambizioni e desideri, gioie e rabbie, così per noi come lo erano per i personaggi di Dante, o per gli eroi di Omero.
La spinta a creare e costruire è, fra gli stimoli creativi, uno fra i più densi di soddisfazione. Aver realizzato qualcosa di nuovo, di bello e di utile, rappresenta una delle soddisfazioni interiori più profonde e vere; cui si accompagna una serie di corollari positivi. Chi dimostra di saper creare e saper fare infatti conquista perciò spesso prestigio. E non v’è niente di più gratificante, per l’uomo, del riconoscimento della propria autorevolezza; da cui segue anche l’automatica facoltà di guidare gli altri, o se vogliamo di comandare.
E tuttavia, questa positiva attitudine dell’uomo alla conquista dell’autorevolezza – attraverso il creare e il costruire – di cui la facoltà di comandare è uno degli effetti, viene spesso intesa in termini travisati. Rovesciando le cause con gli effetti, l’obiettivo principale diviene il comandare: il che di per sé non è necessariamente né positivo né gratificante. Il comando lo si può ottenere con l’inganno, con la violenza, con la menzogna; e in questi, non produce alcun frutto positivo, né per chi lo esercita, né per chi lo subisce.
Fra tutti i modi per conquistare potere – che è, come dire, per procurarsi la facoltà di comandare – ve n’è uno subdolo e sottile; tanto più pericoloso, perché trova modo molto spesso di mascherarsi, assumendo le vesti dell’imparzialità e del rigore.
Supponiamo che un tale persegua la realizzazione di un grande progetto, un progetto di utilità collettiva. Grande sarà lo sforzo che dovrà fare per portare il progetto a compimento. Dovrà avere idee lucide e chiare; dovrà raccogliere intorno a sé intelligenze, risorse, capacità di lavoro; dovrà risolvere, giorno per giorno, molte difficoltà. Un tipo siffatto lo chiamerò soggetto motore.
Ma ora supponiamo che un secondo signore voglia trarre per sé, senza molta fatica, una parte più o meno grande dei meriti. Un modo semplice è quello di affiancarsi al motore, iniziando, apparentemente, con suggerimenti e critiche costruttive; ma in realtà, analizzando i punti deboli del progetto, e individuandone i momenti più critici, quei momenti in cui basta una piccola spinta a favore per superare la difficoltà, ma basta una piccola spinta contraria per far naufragare il progetto. Questo signore lo chiamerò soggetto frenatore – potrà acquistare grande rilievo nel progetto, semplicemente compiendo nei riguardi del soggetto motore, una sorta di ricatto più o meno esplicito e sottile: o mi associ ai tuoi meriti oppure io, nei momenti più critici farò quella piccola frenata sufficiente ad arrestare irreversibilmente il progetto, considerando anche che, nei confronti del mondo, una frenata può essere sempre giustificata da motivi di prudenza.
Si obietterà che, facendo il frenatore, non si potrà comunque mai acquisire tanti meriti – tanta autorevolezza e tanta capacità di comando – quanti ne acquista il motore. È vero. Ma è anche vero che frenando si fa assai minor fatica che trainando. E così, mentre un buon motore non può occuparsi, di norma, che di un progetto alla volta, un astuto frenatore potrà moltiplicare la sua presenza in cento progetti.
Conosco frenatori che – avendo la furbizia di posizionarsi in posizione sufficientemente strategica – si son messi in posizione di controllare i progetti di interi settori; e coi tributi pagati dai motori per aver via libera, si sono conquistati capacità di comando e ricchezza.
Prendete, oggi, un bel mazzo di uomini e di potere; e immaginate che, di punto in bianco, vengano tutti tolti di mezzo. Pensate che la macchina si fermi? Di norma, funzionerà assai meglio! Sono tutti – o quasi tutti – dei frenatori.
Quindi, nel valutare gli uomini, cerchiamo, quando possiamo, di tenere conto anche di questo semplice criterio.
marzo 1, 2016
Chiarissimo Professore,
ho letto con attenzione il suo articolo e sono convinto, che nel suo percorso di vita e di docente, ne abbia incontrati parecchi di frenatori. Il mondo accademico, dal quale lei proviene, non esclude a priori la gelosia, l’invidia, la prevaricazione e i pregiudizi perchè essi sono parte della natura umana. Pertanto ai frenatori va dato il loro peso e accettati come tali, ma con una differenza. Un mio collega mi ha chiesto di indicargli un libro che facesse chiarezza sulla teoria della relatività ho risposto subito: Vittorio Silvestrini – Guida alla teoria della relatività!
La differenza è proprio questa. I frenatori, come lei li chiama, non pubblicano libri di divulgazione sulla teoria della relatività, non hanno i numeri per farlo!
Un suo allievo della Facoltà di Ingegneria Anno Accademico 74-57.
Un Cordiale Saluto e un ringraziamento per le sue lezioni.